La Sentenza n. 128/2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 23 del 2015, nella parte in cui non prevedeva la tutela reintegratoria “attenuata” con un risarcimento massimo di 12 mensilità anche per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, qualora il fatto materiale alla base del licenziamento fosse inesistente.
La Corte ha chiarito che la tutela reintegratoria è applicabile nei casi in cui il fatto materiale alla base del licenziamento economico non sussista, come ad esempio quando il posto di lavoro del dipendente non sia stato effettivamente soppresso. In queste circostanze, l’esclusione della reintegrazione costituisce una violazione degli articoli 3, 4 e 35 della Costituzione italiana, creando un’irragionevole disparità rispetto ai casi di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, dove il fatto contestato non sussiste.
Applicazione concreta: Per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, la tutela reintegratoria con risarcimento limitato si applica quando il datore di lavoro non riesce a provare la soppressione del posto o il nesso di causalità tra la soppressione del posto e il lavoratore licenziato. In caso contrario, se il datore di lavoro dimostra la soppressione del posto ma non l’impossibilità di ricollocazione del lavoratore (violazione dell’obbligo di “repechage”), si applica solo la tutela indennitaria da 6 a 36 mensilità.
La Sentenza n. 129/2024 ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 23 del 2015, nella parte in cui non prevedeva l’applicazione della tutela reintegratoria anche per licenziamenti comminati per un fatto che il contratto collettivo prevede come meritevole di sola sanzione conservativa.
La Corte ha adottato un’interpretazione conforme alla Costituzione, precisando che deve considerarsi equivalente all’insussistenza del fatto materiale anche il caso di licenziamento disciplinare in cui il fatto esiste, ma è stato classificato dal contratto collettivo come un’inadempienza di lieve entità, meritevole di una sanzione meno grave.
In sostanza, la Corte ha stabilito che non vi è contrasto con l’art. 39 della Costituzione, interpretando la norma in modo da includere anche le specifiche tipizzazioni dei contratti collettivi che prevedono sanzioni conservativa.
Queste sentenze rappresentano un importante sviluppo per la giurisprudenza italiana in materia di licenziamenti. Mentre da un lato estendono la possibilità di reintegrazione in caso di licenziamento per insussistenza del fatto materiale, dall’altro chiariscono che l’applicazione della tutela indennitaria rimane valida quando non sussistono ragioni sufficienti per la reintegrazione.
Le recenti sentenze della Corte Costituzionale ridefiniscono il quadro normativo per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e disciplinare. La loro applicazione avrà un impatto significativo per le imprese e i lavoratori, che dovranno adattarsi a queste nuove interpretazioni. Gli avvocati specializzati in diritto del lavoro possono offrire consulenze specifiche per aiutare le aziende e i dipendenti a navigare in questo complesso scenario normativo, garantendo che i diritti siano rispettati e le decisioni aziendali siano conformi alla legge.
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